Dalla Vigna al cuore del mondo

1998
Dalla vigna al cuore del mondo
ed. Sonda Torino
pag 130
Esaurito

La storia del partigiano Maffiodo che sposa sul letto di morte l'ex compagna del figlio extracomunitaria per garantirle un reddito e un futuro in Italia

Presentazione Marco Revelli

Foto ricordo

 

La storia di Alessio Maffiodo, comandante partigiano, ma anche del nostro tempo. Morto un anno fa all'età di ottant'anni, è stato il testimone di un segno dei tempi, dell'incontro tra culture diverse, quella contadina e quella extracomunitaria. A coronamento di una vita di lotta e di impegno civile, il 19 febbraio 1997, sul letto di morte, Maffiodo compie un gesto di grande solidarietà: sposa l'ex compagna del figlio, una giovane extracomunitaria, lanciando a tutti un'altra provocazione.
Alessio Maffiodo nacque il 24 dicembre 1917 a Chiavre (oggi Caprie). Cominciò a lavorare giovanissimo, prima in campagna, poi in fabbrica. Dopo cinque anni come soldato entrò nelle formazioni partigiane, dove fu comandante partigiano della Diciassettesima Brigata Felice Cima. Operaio e sindacalista, fu segretario del Pci di Caprie e membro del direttivo provinciale dell'Anpi (l'Associazione Nazionale Partigiani).
Una vita da resistente dunque, prima come partigiano e poi negli anni successivi contro le ingiustizie, contro un modo di fare politica e di
vivere nella società consumistica in cui non poteva riconoscersi.
Il racconto di Maffiodo si intreccia con la vicenda di Marie Paule, e quella di altre donne di colore che attraverso l'esperienza dell'Almaterra a Torino sono diventate un punto di riferimento per molti. Proprio nell'intrecciarsi delle storie di Saida, Pas, Kadija con quella di Alessio e della vicenda partigiana sta la provocazione di questo libro e anche la sua forza narrativa.
Si può essere protagonisti della propria vita sempre,
fino in fondo, fino alla fine.


PRESENTAZIONE
Marco Revelli

Quando nel giugno del 1992 uscì il volume de La vigna e il marin, nella breve introduzione scrivevo: "Chiara Sasso non è una scrittrice accomodante. Né tanto meno conciliata. Le sue sono storie aspre, crude, impastate del materiale roccioso, ferrigno della sua valle. Non l'estenuata narrativa minimalista della più recente generazione affaccendata a scandagliare un lo ormai vuoto. Né la spocchia di un mondo intellettuale ormai arreso alla "complessità", e in fuga dalla realtà verso il narcisismo o il tecnicismo. Qui c'è ancora la determinazione coriacea dello scrittore che non rinuncia a misurarsi con lo spessore del tempo. Con la concretezza delle sue figure, accettando di porsi in disparte, di offrire la propria voce narrante a protagonisti reali nella sua profondità storica e umana. E c'è la scelta esplicita, nella ricerca dei temi, della sfida al senso comune. Della provocazione creativa. Mai argomenti edificanti, condivisi. Piuttosto la pratica dell'eresia, l'indagine del rimosso, su ciò che viene tenuto fuori dalla memoria legittimamente dell'ordine esistente, dalla retorica dell'agire conforme, nella convinzione che lì, sui confini della società bene ordinata, in quella terra di nessuno che raccoglie l'anomalia, l'irriducibilità, l'alterità non degradabile a normalità, si esprimano ancora, brandelli di autenticità. Sprizzi in qualche modo, la scintilla di un vero che vale la pena di essere raccontato".

Di quelle figure forti e schive, Alessio Maffiodo era, per molti versi, un modello. Un esempio emblematico. Il profilo netto, solido, della sua biografia, quella casa di pietra, antica e forte, circondata dalla vigna, dispotica ed amica, la terra aspra della Valle, il mondo certo e fedele degli antichi compagni che gli girava intorno, la capacità di ricordo e di passione non spenta, lo rendevano in qualche modo, insieme autentico e inattuale, terribilmente vero in un mondo in cui le "le verità durano quanto la prima pagina di un giornale, e può dominare il rumore di fondo televisivo che spiega e dispiega i fatti, li afferma e li nega a seconda dello stormir del vento politico".

Di lui scrivevo allora che "è, per certi versi, il simbolo dell'ultimo uomo: figura poderosa e insieme tragica, lacerato tra due temporalità incompatibili, che tuttavia si intrecciano e convivono nella sua biografia, quasi sospesi tra l'atemporalità della Sacra, incombente come un nembo sulla vigna, e la temporalità selvaggia del presente. Tra il tempo lungo, e lentissimo, di un passato quasi immobile ma ancora incombente, incorporato nelle pietre di quella casa appartenuta al conte Somis, segnato nei simboli padronali impressi ovunque, a memoria di un tempo di servaggio e di miseria; e il tempo breve, quasi istantaneo e incontrollabile della modernità compiuta, di una libertà conquistata e già fuggitiva. In mezzo tra quei due mondi incomparabili, si snoda la sua esperienza densa di storia, ispida, per molti aspetti impietosa. L'opposizione al fascismo, la politicizzazione, la guerra partigiana, la morte dei propri e degli altri, l'effimera vittoria, il Partito. Un tragitto infinito, dall'assolutezza della miseria e del dominio al protagonismo. Dal feudalesimo alla democrazia. Dalla "natura" alla "storia".

E aggiungevo: "Non si attraversano, in una sola vita, distanze così grandi, senza pagare prezzi enormi. Senza dover spezzare ed essere spezzati. Senza uno sforzo inumano di volontà e di orgoglio. In valle Susa, come ovunque la Resistenza la si sia fatta sul serio, e non si è cercato solo una terra di nessuno per attendere la fine della bufera, ma si è provato a contrastare a viso aperto fascisti e tedeschi, le "tre guerre" di cui parla Claudio Pavone - la "guerra nazionale", "la guerra civile" e la "guerra di classe" - si sono intrecciate strettamente. Sono state l'una dentro l'altra, segnando gli uomini, i luoghi e i pensieri. Trasformandoli anche, fino a renderli irriconoscibili.

Alessi testimonia di quel tempo: dei suoi valori, ma anche delle sue durezze, delle sue difficoltà, senza retorica, con spontaneo realismo. Può farlo, perché la sua banda fu una delle più organizzate e combattive. Ma testimonia anche, e soprattutto, delle sordità del nostro tempo presente. Della difficoltà di comunicare l'esperienza di ieri.

"Come si fa a spiegare adesso?", racconta Chiara Sasso che ogni tanto, interrompendo il discorso, Alessio sospirasse. Come si fa parlare all'oggi di quel mondo di ieri che con tanta rabbia, e forza, si è contribuito a superare? Come si fa a spiegare a un pubblico ormai forgiato dalla televisione, che da una guerra civile non si esce intatti come eroi da fumetti. Che una guerra è una guerra, non un gioco elettronico con effetti speciali. Che quando si combatte sulla porta di casa, una spia può essere fatale ad un intero nucleo familiare, un'esitazione può costare la vita a un'intera banda, e manca anche il tempo di riflettere? Come si fa soprattutto, a comunicare lo spessore di un'esperienza storica collettiva nel momento in cui i tradizionali organizzatori di quella memoria collettiva, la "casa comune" costruita con tanti sforzi, si disgrega e scompare?".

Da allora molta acqua è passata sotto i ponti. La dissoluzione della memoria e la rarefazione della storia hanno portato alla dura "caduta" del 1994, a un ritorno aggressivo e grottesco (seppur, per fortuna, temporaneo) delle peggiori destre al governo del nostro Paese. La ricerca anche a sinistra - per molti versi soprattutto a sinistra - di una memoria storica conciliata, pacificata, neutralizzata ci ha afflitto con le litanie dei "ragazzi di Salò da comprendere", sul bisogno di riscrivere insieme la nostra vicenda nazionale, mentre nel sottofondo ritornavano a circolare antiche calunnie sulla "resistenza sanguinaria", sugli orrori delle foibe, sulla "ferocia" dei giusti e I' "innocenza" degli aguzzini.

Contemporaneamente cresceva - anche a sinistra -la difficoltà, peggio: l'incapacità di "vedere" l'altro. Di scorgere, e di far proprie le sofferenze degli ultimi della terra: dei naufraghi dello sviluppo che a ondate si avvicinavano alla "nostra" terra promessa.

Si faceva strada anche tra noi un egoismo coriaceo, sordo, fatto di indifferenza e di ostilità muta verso lo "straniero", I' "extracomunitario", "il povero", ormai ridotto a nuda vita, a semplice esistenza non più colorata dei toni amichevoli del possibile alleato politico, dell'amico ideologico, del "compagno di lotta". E per questo destinata a scendere sotto la soglia dell'attenzione, dello stesso rispetto umano. La spaventosa indifferenza del ceto politico, e di buona parte del "popolo di sinistra" in occasione del naufragio della nave albanese affondata nel canale d'Otranto con il suo carico di decine di donne e bambini - affondata dalla Marina Militare del primo governo di sinistra italiano -, nei confronti di quei molti senza volto e senza nome, mai "nominati" come persone, subito "rimossi" dal chiacchiericcio quotidiano su bicamerali e finanziarie, è stato un segnale inquietante, tragico, di una possibile "mutazione antropologica". Di una degenerazione grave nel tessuto civile.

Gli ultimi anni di Alessio incrociavano tutti questi nodi. E ancora una volta, come spesso accade nei libri di Chiara Sasso, li sciolgono con una positività semplice, concreta, lineare. Lui, così graniticamente chiuso nella propria identità e nella propria storia, si apre all'altro. Lui, per mezzo secolo barricato tra le mura di pietra della sua casa, tra le pareti scoscese della sua valle, "vede" l'umanità di Marie Paule - la nuora venuta da un altro mondo, dall'isola remota del mar d'Africa - e ne viene riconosciuto. Parla a quell'umanità, la segue nel suo lungo percorso d'emigrazione giù giù, fino a Nairobi, fino al cuore di tenebra della parte povera del pianeta, è là, senza conoscere l'inglese, senza mediazioni sofisticate, con la forza della propria capacità d'apertura, comunica. Dialoga. Ricostruisce un reticolo di amicizia e rispetto.

Questo nuovo volume, con le inedite sezioni dell'esperienza dell'Almaterra, e gli ampi squarci biografici su quel tenerissimo rapporto cosmopolitico tra nonno, nuora e nipote - raccontano appunto questa sorta di miracolo: la capacità dei pezzi "civili" della nostra società di reincontrarsi, di connettersi e di dialogare. Il partigiano di ieri, le donne di Almaterra, Marie Paule e la piccola Melody, sono i pezzi di un caleidoscopio ricomposto che riesce a coniugare la durezza della Resistenza in montagna di cinquant'anni fa e la forza esistenziale del femminismo degli anni Settanta, la nostalgia di terre esotiche perdute e la solitudine di una difficile nuova cittadinanza metropolitana di migliaia di emigrate attraverso il cemento di quelli che possiamo chiamare "valori", idee-forza, passioni civili.

Esperienze diverse nel lessico usato, nelle terminologie, ma sostanzialmente simili nella materia umana, che riescono a comunicare in forza dell'intensità delle loro storie, mai rinnegate né conciliate, ma al contrario rivissute in tutto il loro potenziale protagonismo, intransigenza, volontà di cambiamento. Sono gli antidoti, gli anticorpi contro la barbarie imminente della smemoratezza e dell'indifferenza. Sono le cellule originarie di una possibile, sperata società civile globale, in cui Caprie e Nairobi si avvicinano e si intrecciano come nuovo spazio di riferimento per donne e uomini che riescono ancora a parlarsi nella babele delle lingue sociali.

Nel suo lungo viaggio Alessio è giunto lontanissimo: là dove filosofi, politici e scienziati neppure si sognano. Ha visto e superato un confine che tiene ancora la maggior parte di noi "al di qua", lui che era partito dal più profondo del servaggio e del dominio, dalle terre oscure del lavoro contadino, della sopportazione feudale, e che aveva dovuto farsi strada di forza, con le armi, verso una liberazione che non si rassegnò mai ad accettare per pochi. Che volle sempre per tutti. Tutti i "suoi", gli amici vicini, i compaesani, i compagni di lotta, ma anche per tutti gli altri, gli invisibili, i "pari" lontani.

Quando, quel 19 febbraio del 1997, si spense in una stanza d'ospedale, sapeva che doveva ancora fare qualcosa. Che quel percorso non era finito. E ancor oggi, sulla sua tomba, la terra non s'è assestata abbastanza per potervi porre una lapide.

Marco Revelli

Marco Revelli insegna alla Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Torino. Tra le sue ultime pubblicazioni te due destre presso Bollati Boringhieri.



Alessio Maffiodo, con Marie Paule e Melody